Tutte le anime della Mummia
Settembre 29, 2009 in Medley da Stefania Martini
Un centinaio di oggetti provenienti dalle maggiori collezioni egizie d’Italia e la ricostruzione parziale di una delle tombe faraoniche più grandi della Valle dei Re costituiscono il fulcro della mostra “Tutte le anime della mummia. La vita oltre la morte ai tempi di Sethi I”, promossa da Museo Civico Archeologico di Chianciano e Museo Civico Archeologico di Bologna, in collaborazione con il Museo Egizio di Firenze e i Musei Vaticani.
L’esposizione toscana si propone di illustrare il rituale funerario egizio in età ramesside, mettendo a confronto il meraviglioso complesso sepolcrale del faraone Sethi I, dal quale provengono una quarantina di statuette e un rilievo riuniti per la prima volta a Chianciano, con un ideale corredo funerario di privato della stessa epoca.
Il faraone Sethi I, figlio del fondatore della XIX dinastia Ramesse I, regnò sul trono dell’Egitto dal 1290 al1279 a.C. ed assunse il nome “Figlio di Ra” Sethi Merenptha.
La sua tomba, situata nella Valle dei Re e denominata KV17, segnò una svolta nell’architettura dei complessi funerari rispetto a quelli delle dinastie precedenti: si estende per 100 m nel cuore della montagna Tebana, tra corridori e sale completamente decorati; la sala del sarcofago presenta, per la prima volta, un soffitto ad arco e, sempre per la prima volta, fu aggiunta a essa una sala asimmetrica con pilastri.
I raffinati oggetti esposti in mostra raccontano quali componenti vitali erano indispensabili perché il defunto avesse una vita eterna dopo la morte: il corpo (Khat o Sekhu) dove risiedono tutte le parti dell’essere nel periodo di esistenza della persona nel mondo fisico; il cuore (Ib), che gli Egizi ritenevano essere la sede di tutte le emozioni; l’ombra (Shuyt), di colore nero, emanazione formatasi dalla presenza degli aspetti negativi dell’anima, opposta al Kha; il nome (Ren), la parte che continua a dare vita ad un essere finché esso viene pronunciato; le tre “forme” dell’anima: il Ka, il Ba e l’Akh.
Il percorso espositivo si dipana attraverso questi elementi, ad ognuno dei quali è dedicata una specifica sottosezione.
La prima è indirizzata alla trattazione della conservazione del corpo fisico del defunto attraverso la mummificazione: una mummia donata a Bologna da Papa Lambertini, Benedetto XIV, il sarcofago della defunta Nebtaui e quattro vasi canopi con coperchi che raffigurano le teste dei figli di Horo, la testa umana di Amset, la testa di cinocefalo di Hapi, la testa di canide di Duamutef e la testa di falco.
L’elemento centrale dell’individuo, sia da un punto di vista fisico che emotivo, è il cuore. Sede dell’intelletto, della memoria, del coraggio, dell’amore e della sfera morale, il cuore era ritenuto indispensabile per la vita dopo la morte. Per tale motivo era l’unico organo interno lasciato nel torace del defunto durante l’imbalsamazione ed era protetto da formule del “Libro dei Morti”, da amuleti, da scarabei (scarabei del cuore), da pettorali, esempi dei quali sono esposti in mostra.
L’ombra, che gli Egizi consideravano il doppio immateriale di ogni forma e raffigurano di rado, è il collegamento ideale tra il corpo e gli elementi incorporei dell’individuo.
Il primo di questi, il nome proprio di ogni individuo, nasce con la persona e l’accompagna oltre la morte. Fa parte della sua personalità e ne costituisce una manifestazione, in modo parallelo al suo Khat ed al suo Ka, con il quale a volte si identifica.
La trasmissione del nome, inciso o dipinto alle pareti della tomba, sul sarcofago, sui vasi canopi, sulle statuette ushabti e molti degli oggetti del corredo funerario in mostra, è condizione fondamentale per manifestare la sopravvivenza eterna del defunto, distinguendolo da chiunque altro.
Il Ba è l’elemento spirituale che corrisponde alla personalità dell’anima dell’individuo.
E’ spesso raffigurato con il geroglifico dell’uccello trampoliere, a volte con testa umana, dotato talvolta di mani e di braccia. Il Ba usciva dal corpo del defunto e vi ritornava a mummificazione avvenuta: la sua possibilità di librarsi in volo, spostandosi liberamente tra il mondo dell’oltretomba e dei vivi, soddisfa il desiderio di ogni morto di ritornare alla luce del giorno.
Pur essendo un’entità spirituale, il Ba mangia, beve, parla e si muove com’è ben raffigurato sulla “Stele della suonatrice” di Amon Takhae, proveniente dal Museo Egizio di Firenze.
Il Ka, la forza vitale che il dio vasaio Khnum modella sul suo tornio assieme al corpo, ha bisogno di ogni cosa pura, bella e viva, così come della mummia e della statua da abitare dopo la morte. Nel mondo fisico è in grado di conservare i ricordi e i sentimenti della vita terrena. Cresce con l’uomo e non lo abbandona mai: per questo, dopo la morte, andava pregato e ricordato dai cari del defunto, poiché dando offerte al Ka si riteneva se ne garantisse la sopravvivenza dopo la morte.
Il Ka costituisce il temperamento e l’insieme delle qualità degli esseri viventi.
La stragrande maggioranza degli oggetti inseriti nel corredo funerario sono destinati al Ka e, tra quelli in mostra, la statua dei coniugi Merimaat e Nefertari (Nuovo Regno: fine XVIII-inizi XIX dinastia. Calcare dipinto. Museo Civico Archeologico di Bologna), cibi e bevande nei propri contenitori, elementi d’arredo o di uso domestico come il poggiatesta, abiti, monili e altro ancora.
L’Akh, raffigurato tramite il geroglifico dell’ibis piumato e qui visibile su un amuleto del cuore, indica uno stato di esistenza spirituale, che l’individuo può raggiungere dopo la morte.
È l’elemento luminoso che alla morte si ricongiunge al creatore salendo a brillare come stella. Opposto al corpo, che appartiene alla terra, l’Akh appartiene al cielo, soprattutto all’Oriente (Akhet).
Il defunto si trasfigura in Akh solo dopo avere ricevuto i rituali e le offerte funerarie adeguati oltre ad avere superato con successo tutte le prove e i pericoli del viaggio nell’aldilà.
La prima sezione espositiva si chiude con il Libro dei Morti, una raccolta di preghiere e formule magiche dettate, secondo gli Egizi, dal dio della scienza e della scrittura Thot e che a partire dal Nuovo Regno (1580 – 1085 a.C.) venivano inserite all’interno dei sarcofagi dei defunti con la funzione fondamentale di aiutare i defunti a vivere nell’oltre tomba.
Alcuni degli oggetti esposti riportano i capitoli più noti del “Libro dei Morti”, quali, per esempio, il capitolo VI inciso sul corpo degli ushabti, le statuette funerarie che erano poste all’interno della tomba del defunto, il cui compito era di eseguire i lavori nei campi dell’Aldilà al posto del defunto.
Il viaggio nella seconda sezione della mostra si svolge all’interno della tomba del faraone Sethi I. Scoperta da Giovanni Battista Belzoni nel 1817, la tomba deve la sua notorietà alle dimensioni eccezionali, alla pianta articolata, alla raffinata tecnica di esecuzione e all’innovativa scelta tematica delle scene scolpite a basso-rilievo e dipinte con grande ricchezza di colori su quasi tutte le sue pareti interne.
In particolare, sono presenti scene tratte dalle Litanie di Ra, dal libro dell’Amduat, dal libro
L’esposizione di Chianciano ricostruisce i due ambienti più importanti della sepoltura, la camera a pilastri e l’adiacente stanza del sarcofago, riprodotte fedelmente in disegni, acquerelli e calchi in
cera che lo stesso Belzoni, assieme al medico toscano Alessandro Ricci, produssero all’epoca della scoperta.
La ricostruzione di queste due camere, che conclude l’itinerario espositivo, offre l’opportunità di rivivere le atmosfere ottocentesche della scoperta della tomba Belzoni, di vedere riunita una parte del corredo funerario con l’aggiunta di una statuetta raffigurante di Sethi I e di quattro scarabei a suo nome.
In mostra numerosi oggetti rinvenuti da Belzoni, tra cui quarantatré statuette funerarie in faïence, legno e pietra, conservate a Bologna, Firenze e Città del Vaticano, e alcuni altri reperti recuperati in anni successivi sempre nella tomba o negli immediati dintorni, quali il rilievo con la dea Maat (Bassorilievo con la dea Maat dalla tomba di Sethi I. Nuovo Regno: XIX dinastia, regno di Sethi I (1290-1279). Calcare, pittura policroma su intonaco bianco. Museo Egizio di Firenze) e il grande ostrakon con il ritratto di Sethi I di Firenze.
Tutte le anime della Mummia. La vita oltre la morte ai tempi di Sethi I.
Museo Civico Archeologico di Chianciano (SI)
Fino al 6 gennaio 2010.
di Stefania Martini