Ultra Orange & Emmanuelle il binomio del new – underground
Novembre 21, 2007 in Musica da Gino Steiner Strippoli
Quando Emmanuelle Seigner inizia a intonare “Sing Sing” la mente vola verso quelle sonorità indimenticabili legate alla band nata da una costola di Andy Warhol e capitanata da John Cale e Lou Reed, i Velvet Underground. D’altronde se lo stesso Reed insieme a Bob Ezrin l’hanno scelta per impersonificare, durante il concerto newyorkese, il personaggio femminile del suo album “Berlin” , in un film diretto da Lola Schabel , qualche motivo ci deve pur essere. Questione di feeling ma anche di provata capacità professionale per Emmanuelle. “Sing Sing” è l’hit di successo di questo binomio votato all’underground tipicamente anni ’70 e ’80. Un unione, quella tra la moglie di Roman Polanski e la band francese degli Ultra Orange, che ha concepito un album eccellente intitolato semplicemente “Ultra Orange & Emmanuelle” (Sony Bmg). Le sonorità accattivanti legate a miscelanee strumentali con archi e elettronica portano l’ascoltatore a sconfinare nell’immaginazione più infinita della musica. Poi se si aggiunge alla maestria del duo degli Ultra Orange, ovvero i due francesi Pierre Emery e Gil Lesage, anche la delicatezza vocale della Seigner, che canta con una sensualità impareggiabile, se ne deduce che il disco può solo piacere molto. L’attacco di Sing Sing è stupendo:
“ Someone talkin’ to my soul, someone shakin’ my knee bone, someone ringing at my door………….” – fino ad arrivare all’ accattivante ritornello – “ So i sing sing sing, i’m so prisoner, i’m your thing, i just sing sing sing, i got a ball and chain, and i learn how to swim”.
E’ dà un anno che la rock band francese lavora con Emmanuelle, prima di ciò aveva pubblicato il suo primo omonimo album nel lontano 1996, cui sono seguiti due lavori eccellenti ,anche se passati in sordina dal grande pubblico: “Snow White” uscito nel 2001 e “ Seven Lonely Girl” del 2003. Osannati giustamente dalla critica, vengono subito definiti come la risposta francese ai Garbage. In questa nuova prova il tocco sonoro che li avvicina, per alcuni aspetti, ai Velvet Underground, sono legati alla collaborazione con Roger Moutenot (Velvet e Reed). Anche se la voce di Emmanuelle lascia trasparire arie trasognanti e meno decadenti rispetto al mito del gruppo di Cale e Reed.. Due pezzi su tutti ridanno sapori “lourediani” all’album, brani come”Won’t lovers revolt new” e “ The good from the bad” hanno i giusti condimenti musicali dell’underground newyorkese: energia con chitarre crescenti nei ritornelli e quella voce leggera ma potente che imprime alle canzoni un sound davvero godereccio. Ritmo incalzante e più ipnotico lo si ascolta in “Rosemary’s Lullaby” con le chitarre che duettano ruggendo mentre la voce di Emmanuelle sussurra:
“ I was a stranger, from who knows where, when i hear your voice…”.
Il disco si concentra poi su dolci ballads delicatissime, da “Simple Words”, con la voce sensuale della buona moglie di Polanski che disegna arie decadenti, sino ad arrivare a “Lines of my hard”, dal suono cristallino con il duetto sopraffino tra la chitarra di Pierre Emery e Emmanuelle.
di Gino Steiner Strippoli