Un Pirandello in chiave americana
Agosto 5, 2001 in Medley da Redazione
Chissà se a Luigi Pirandello, uno dei più grandi drammaturghi del secolo appena concluso, avrebbe fatto piacere essere interpretato in lingua inglese da un attore americano.
Di grande suggestione e bravura l’esecuzione di Pirandello, in due atti unici interpretati dagli attori Michele Placido e dall’americano Fred Murray Abraham, nella cornice del parco della villa della Versiliana, a Marina di Pietrasanta. Si tratta di due atti unici intitolati “La carriola” e “L’uomo dal fiore in bocca”, che compongono il Notturno pirandelliano. Due testi dai quali Michele Placido, mirabile interprete pirandelliano, è sempre stato affascinato, tanto da rappresentare, nel Duemila, un po’ in tutta Italia, l’Uomo dal fiore in bocca, a lui molto caro per la riflessione sul tema della morte.
In seguito all’incontro avvenuto tra i due attori, lo scorso anno in un teatro romano, e alla scoperta da parte di Placido di una comunione di gusti (Murray non appena ne ha l’occasione, infatti, come Placido, interpreta da anni “L’uomo dal fiore in bocca” a Broadway), è nato il progetto di portare in scena due atti, “La carriola” in italiano e “L’uomo dal fiore in bocca” in inglese, accomunati da una medesima riflessione disincantata sulla vita e il suo reale significato.
“La carriola”, infatti, contiene una descrizione, incredibilmente moderna, dell’alienazione della vita moderna: già negli anni Venti, il drammaturgo siciliano raccontava di come una persona apparentemente appagata e di successo, un professore, cavaliere, avvocato, rifletta sul significato della propria esistenza, scoprendo con orrore di essere totalmente imprigionata da un materialismo dilagante. Unica piccola concessione l’abitudine, tra un consulto e l’altro, nel chiuso del suo studio, di giocare con una vecchia cagnetta, sollevare le sue zampine posteriori e farla camminare come se si trattasse di una carriola.
“La carriola”, spiega il regista dello spettacolo, Renato Giordano, è un monologo tratto in maniera rigorosa da una novella meno conosciuta di Pirandello, in cui il protagonista, un professionista impeccabile, apparentemente sereno e equilibrato, approfitta della sera, dopo un’intensa giornata di lavoro, per liberare e dare sfogo alla confessione di una piccola perversione che ogni giorno, quasi in maniera infantile, compie sulla sua piccola vittima.
Altrettanto mirabile l’interpretazione da parte dell’attore americano Murray Abraham, nato a Pittsburg nel 1939 e molto conosciuto in Italia anche per le sue interpretazioni dell’Innominato nei Promessi Sposi di Salieri nel film Amadeus, per il quale vinse l’Oscar nel 1985. Recentemente apparso nsl film girato da Pupi Avati, dedicato ai cavalieri della Sindone, Murray Abraham, figlio di madre calabrese e di padre siriano, incontra per la prima volta Pirandello sui barchi dell’Università in Texas. Nonostante i testi delle traduzioni fossero molto brutti, l’impatto con Pirandello fu davvero formidabile, tanto da indurlo a portare in scena, a Broadway, vari testi, tra cui, ripetutamente, anche “L’uomo dal fiore in bocca” e “Sei personaggi in cerca d’autore”, oltre a “Così è, se vi pare”.
Il Pirandello proposto da Abraham il 14 e 15 luglio scorso alla Versiliana, è recitato dall’attore americano e da Michele Placido, che ha accettato, dopo esserne stato tante volte protagonista, il ruolo dell’avventore. Spettaolo in lingua inglese, ma facilmente seguito dal pubblico per la presenza di sopratitoli in italiano.
Questo testo ha stimolato, come ha spiegato lo stesso Placido, un confronto tra l’italianità attorale e lo stile tipico dell’Actor Studio, che si avvicina al drammaturgo siciliano, pretendendo più informazioni e maggiore ricerca storica. Per gli americani, infatti, portare in scena Pirandello significa entrare nel salotto della vecchia Europa, dove si riscontra, comunque, una inaspettata modernità.
Abraham, nonostante segua la scuola americana, che privilegia in Pirandello l’energia, a scapito dell’abbandono lirico e doloroso scelto dagli interpreti nostrani, risulta al tempo stesso ironico e sbrigativo, capace, comunque, di fare avvertire il dramma modernissimo di un uomo al quale rimangono pochi mesi di vita.
Le doti teatrali di Abraham emergono soprattutto nel finale, dove egli rende giustizia al ruolo assegnatogli, senza mai cadere, come fanno tanti nostri interpreti, nel patetico. Veramente suggestivi i bis che, su suggerimento dello stesso collega Placido, Abraham concede a un pubblico attento e composito. Introdotto da Piacido, che recita un breve brano tratto dall’Antologia di Spoon River di Allan Poe, Abraham si misura con una delle figure pirandelliane più amate, il re Lear, sia nel brano della cacciata, sia in quello della morte della sposa, Cordelia.
Michele Placido, efficace anche nei silenzi di questo atto unico pirandelliano, ritornerà, dal 27 agosto prossimo, alla macchina da presa: a un anno dall’interpretazione di Padre Pio, nel film diretto dal regista torinese Giulio Base, Placido dirigerà gli attori Stefano Accorsi e Laura Morante nel film dedicato alla scrittrice Sibilla Aleremo; quindi ritornerà al teatro, stavolta come interprete principale dell’Otello diretto da Antonio Calenda, mentre il collega Murray Abraham tornerà a New York per interprtare il ruolo principale nel testo di un giovane autore.
Alla Versiliana, intanto, nel pieno di questa stagione teatrale, sono tante le proposte interessanti, non soltanto teatrali. In scena, in questi giorni, “Emozioni”, il musical in prima nazionale dedicato alle canzoni composte da Mogol e musicate da Lucio Battisti.
Il grande teatro ritornerà in scena il 20 agosto prossimo con un interprete shakespeariano di notevole statura, Giorgio Albertazzi, nel “Falstaff e le allegre comari di Windsor”, per la regia di Gigi Proietti.
Tato Russo interpreta, invece, dal 10 al 12 agosto, il “Sogno di una notte di mezza estate” di Shakespeare, per la rielaborazione scenografica di Uberto Bertacca.
Nell’ambito della danza, grande attesa per il Don Chisciotte, su musiche di Ludwig Minkus, portato in scena dal Balletto dell’Opera Nazionale di Romania, e per il balletto dedicato al maestro fondatore della pop art, Andy Warhol, realizzato dal Balletto Teatro di Torino, diretto dall’etoile Loredana Fumo. L’ideazione e le coreografie, accanto al ruolo interpretativo, sono di Matteo Levaggi, giovane promessa della danza italiana, più volte protagonista del Festival di Acqui Terme.
di Mara Martellotta