Un premio letterario, adesso?
Settembre 20, 2001 in Libri da Stefano Mola
Forse qui ci sarà un po’ di retorica, un po’ di cose già dette, magari meglio. Vengono facili in mente frasi del tipo “in un momento come questo”. Quando l’orrore e la violenza di cui gli uomini sono capaci cancellano tutto lo spazio, sulla scena, in primo piano (dietro, da qualche parte, orrore e violenza ci sono sempre, è strano pensare come ricordare altri orrori, altre violenze, faccia scivolare su un piano inclinato verso un fondo che sminuisce, porta fuori fuoco, appiattisce sullo sfondo… forse dovremmo stampare chiaro che ogni orrore e ogni violenza sono un assoluto e un abisso)
Difficile non pensare al significato di quanto facciamo tutti i giorni, i nostri gesti, le nostre frasi: sotto questa luce impietosa, ogni cosa sembra nuda, banale. Come pensare a un premio letterario? Eppure, parlare di libri, dare vetrina alla scrittura, paradossalmente, può essere ancora più importante, “in un momento come questo”.
Le parole dei libri sono uno dei mezzi che abbiamo per cercare di capire il mondo. Danno valore ai nostri stati d’animo, aiutandoci a riconoscerli, facendo prendere loro forma: e in questo riconoscimento ci possono rendere meno soli. Oppure ci permettono di sbirciare attraverso il buco della serratura di punti di vista differenti, permettendoci di camminare nelle scarpe di vite diverse dalle nostre. Non è poco, in un’epoca in cui le possibilità di contatto con realtà estranee si fanno sempre più rapide, e forse superficiali. Adesso, ancora più del solito, abbiamo bisogno di più parole. Dacia Maraini, presidente della giuria del Campiello giovani, ha detto che quando c’è la guerra, le parole scompaiono
di Stefano Mola