Volver – Tornare di Almodòvar
Maggio 31, 2006 in Cinema da Marcella Trapani
Con Volver- TORNARE Almodòvar firma un’opera geniale, tutta incentrata sui temi della morte, della vita e del femminile, con un cast di attrici splendide.
P. Cruz è Raimunda, una giovane madre della Mancha, che vive a Madrid col compagno Paco e la figlia adolescente Paula. Paco tenta di violentare la figliastra e quest’ultima lo pugnala. Da questa tragedia nascono una serie di situazioni tra tragico e grottesco, come il ritorno di veri fantasmi dolorosi di eventi passati e quello di falsi fantasmi, come la madre di Raimunda, Irene, interpretata magistralmente da C. Maura.
La madre era sparita dopo aver ucciso in un incendio il marito fedrifago e l’amante hippie di lui e facendo credere di essere perita lei stessa nelle fiamme e non l’amante. Protagonista, oltre alle donne, è anche la Mancha, luogo di origine del regista e luogo dell’anima, eternamente spazzato dal solano, il vento che rende pazzi e che incendia boschi e cuori. La Mancha è anche la regione dove i fantasmi si materializzano e dove le donne comunicano tra loro e con i defunti, come nella scena iniziale che ritrae tante donne infazzolettate intente a pulire le tombe dei propri morti, fatto che ancora oggi avviene nelle regioni del Sud Italia. C’è chi pulisce, chi sistema i vasi di fiori, chi prega… in un’atmosfera di febbrile attività quanto mai lontana da quello che ci si attenderebbe nel luogo dell’eterno riposo. C’è anche chi, come Augustina, è lì per accudire la propria tomba acquistata prima della morte…
Augustina, interpretata da B. Portillo, è un personaggio chiave, metà santa e metà diavolo, metà uomo e metà donna, che unisce la famiglia di Raimunda, perché è vicina di casa della zia Paula e l’assiste nei suoi ultimi giorni di vita, e la propria, in quanto figlia dell’amante del padre di Raimunda. Pensa che sua madre, una hippie vagabonda, sia andata via per sempre proprio il giorno in cui i genitori di Raimunda sono morti nell’incendio. Non sospetta minimamente la verità e si strugge al pensiero del destino di sua madre di cui non sa più nulla. Estremamente schiva e solitaria, quando scopre di essere malata di cancro non esita a presentarsi al talk-show condotto dalla sorella, dietro al promessa di un viaggio a Houston in una clinica all’avanguardia per curarsi dalla sua malattia.
Infine L. Dueñas è Sole, la sorella di Raimunda, a cui il “fantasma” di Irene appare: introversa, timida, è separata e vive da sola. La cura è un tema ricorrente: Sole si prende cura della madre ricomparsa e della nipote Paula quando Raimmunda non può; Irene si prende cura della sorella Paula e di Augustina nei loro ultimi giorni di vita; Augustina si prende cura della zia Paula e della propria tomba. La cura, la sollecitudine verso i più deboli, qualità tipicamente femminile, è coltivata da tutte le donne dei film che si baciano, si abbracciano frequentemente.
Numerosi i riferimenti al cinema italiano del Neo-realismo, alla Magnani del film Bellissima (citato esplicitamente in una scena finale) e alla Loren della Ciociara: la Cruz scarmigliata e con gli occhi bistrati di nero, spesso colmi di lacrime e sul punto di piangere, ne sembra una moderna versione.
In questo film Almodòvar mescola i generi e i toni più diversi con una naturalezza straordinaria e permette allo spettatore di riconoscersi nella trama sottesa di affetti, di dubbi, di malinconia e anche di segreti che circolano più o meno apertamente in ogni famiglia. Magia del cinema!
di Marcella Trapani